Dedicated to Manù
Anche se la mia memoria è davvero scarsa, e tu lo sai, ricordo perfettamente le due bimbette che eravamo entrare al Cinema Vittoria, quello sotto casa mia. Ricordo tuo padre esibire una delle sue innumerevoli tessere che lo facevano accedere gratis ovunque, addirittura forse un tesserino siae, che chi sa chi gli aveva procurato. Era il 1983 e noi avevamo circa sette, otto anni. Era quasi Natale ed eravamo tutte imabuccate con sciarpe e cappelli. Poi il buio della sala, e la magia del cinema.
Sono passati 26 anni, ho avuto più volte a che fare con la siae. Oggi, per esempio, è il penultimo giorno al Trevi, mancano due statini e si chiude, facevo il calcolo dei giorni mancanti così, contando gli statini. È stato il “contratto a progetto” più interessante degli ultimi tempi (maledetto precariato!), dopo set e turneè il più bel lavoro fatto in assoluto, in tutti i sensi. Unico nella storia del mio jumpworking che mi dispiace un po’ lasciare…lavorare in un cinema, d’essey, un posto “che fa cultura” come si dice adesso, non è affatto male ma, come tutte le cose belle, non può durare troppo a lungo, sennò si guasta. Io sono precaria, e sono precaria dentro.
Quando le luci si accessero, alla fine del film, io ero senza parole. All’uscita tu volevi chiacchierare, ma io avevo un nodo in gola che non mi spiegavo e non riuscivo a dire niente, “bello eh?” chiedevi. Sei sempre stata brava a razionalizzare, amica mia, invece io non riesco a reagire subito e, ancora adesso, se sono molto molto felice, molto molto emmozionata, molto molto triste, mi viene da piangere. Io volevo solo andare a casa e ripensare a quella specie di mostriciattolo con gli occhi azzurri, enormi, brutto tanto che se lo avessi incontrato avrei avuto paura. E la paura era quello che volevo. Pensavo a come sarebbe stato avere un segreto così. Pensavo alle separazioni. E volevo restare bambina per sempre. Quel film l’ho rivisto tante volte, gli volevo così bene, ad E.T., perché lui esisteva lassù, ed era mio amico, e lo adoravo così tanto che mia madre mi comprò una felpetta rosa confetto, con l’extraterrestre gommato sopra, bellissim. E avevo anche un pupazzo, col dito che si illuminava, le pieghette molli e tutto. Non so dove siano finiti.
Parecchi anni dopo, ero a Milano in un supermercato con un allora appena conosciuta coinquilina, e come regalo di compleanno per un suo amico comprammo una videocassetta del film con contenuti speciali e pupazzetto incorporato a 9.90. Poi io mi ci fidanzai, col suo amico, e il pupazzetto si è trasferito con noi.
Ma visto che, anche di questi cinici tempi umani, tutto torna, come regalo ultimo, ciliegina sulla torta di fine lavoro, mi è capitato di conoscere l’uomo che se lo è inventato, quell’orribile mostrino che tanto ho amato, che ha popolato i miei pensieri di storie e fantasie da bambina. Quindi, anche se di solito, come dice qualcuno “francamente me ne infischio”, stavolta ho chiesto un autografo, per il mio amico E.T., e l’ho fatto firmare dall’autore, sulla panza, con un pennarello nero medio, raccontandogli la storia della felpa rosa. E’ un vecchiettino piccolo, magro, alle prese con sto pupazzetto grigiastro, sorrideva divertito. E.T. è contento, e anche io. E ho pensato alle amicizie che durano nel tempo. Queste si che sono soddisfazioni nella vita…