martedì 2 ottobre 2007

Come un motore a scoppio

“Guarda che se partecipi le stracci tutte” disse Mara con aria assolutamente sicura e tono neutro, senza alcuna inflessione critica, anzi, cercando di nascondere il fatto che, sotto sotto, nell’intimo, non lo avrebbe mai ammesso apertamente con nessuno ma era così: li riteneva volgari.
Le dava fastidio un uomo, figuriamoci una donna.
“Sicuro che vinci, al cento per cento” l’assecondò Franca, “Ci devi andare assolutamente e poi te l’immagini quelle che si presenteranno? Tu ha stoffa, fidati”.
In effetti, la prima volta che Mara l’aveva sentita, fu quella discrepanza che più di tutto la colpì, più della forza modulata, più della roboante portata.
Era così carina, biondina, sottile e timidissima. Insospettabile insomma, una da twin set beige e ballerine, per capirci. Si chiamava pure Emy, un nome così dolce, era la contrazione di Emiliana e quando lei lo spiegava con la sua vocina sottile era adorabile. Eppure, eppure, Emy faceva dei rutti così paurosamente potenti, imponenti e rumorosi, che anche quando erano in casa solo loro tre, nonostante ormai sapesse che era lei l’artefice di quei tuoni, le veniva da esclamare“Che cazzo è?”. Non si capacitava “Ma se mangi le stesse cose nostre” diceva.
Emy sosteneva che fosse la gastrite, problema di cui Mara aveva sempre sofferto ma che non le aveva mai dato quel tipo di effetto. Diceva che non ci poteva fare niente, ma a Mara, che per ottenere qualche risultato decente doveva bere decilitri e decilitri di coca cola appena stappata, quelle dimostrazioni quasi virili di naturalezza gastrointestinale in un corpo così minimo sembrava una magia, e il leggero disgusto che provava ogni volta la faceva sentire borghese, “Ma come, non sai ruttare?, poverina, è una tale liberazione…”.
Glielo avevano spiegato talmente tante volte “Fai un piccolo respiro, ingoia l’aria come se fosse un sorso d’acqua, spingi giù, blocca a metà sterno e con un colpo secco di glottide spara fuori” ma niente, le usciva solo un rumore provocato dallo sfregamento delle corde vocali, al massimo un conato di vomito.
Emy, invece, ruttava come il lavandino sgorgato con l’idraulico liquido, faceva paura, ogni volta Mara e Franca si guardavano stupefatte mentre lei diceva “Scusate, si è sentito molto?”.
Riusciva a cantare addirittura, solo cosette semplici però; raccontava orgogliosa che il padre, a Natale, glielo chiedeva sempre, e lei modulava il gingle di “Bauli ba ba ba bauli” a suon di rutti.
Mara, che a Natale al massimo aveva recitato qualche poesia, la guardava sempre stupefatta.
Poi venne fuori il concorso. Per sole donne.
“Guarda che si vincono soldi” stava dicendo Franca.
La gara ci sarebbe stata il giorno dopo, e tutte e due si erano messe nelle orecchie dalla settimana prima dicendo che doveva andarci assolutamente, che avrebbe vinto di sicuro e che sarebbe stato divertente. Mara su quest’ultimo punto non era tanto sicura, ma lo tenne per se.
“Però voi mi accompagnate” chiese con voce lamentosa Emy, cedendo.
Mara sospettava che avrebbe avuto qualche problema di adattamento in quel festival di rutti, ma non disse niente.
Il giorno dopo si prepararono, Emy si vestì particolarmente carina, Franca comprò una dozzina di lattine di birra per preparare la concorrente e tutte tre si sistemarono in macchina. Arrivarono lì che Emy era ormai alla quinta lattina, carica come un motore a scoppio. Entrarono. Una specie di bolgia dantesca, magliette dei Mothored e bandiere americane ovunque, gli occhi di un centinaio di donne coi chiodi neri e le code tirate si girarono a guardarle. Un piccolo palco infondo aspettava le candidate.
Avanzarono di pochi passi sotto gli sguardi non proprio amichevoli e in quel momento Emy esplose, non riuscendo a tenersi.
Il suono durò buoni dieci secondi e rimbombò nel grande spazio; seguì un silenzio assoluto.
Poi tutte, dico tutte, cominciarono ad applaudire. Fu un tripudio pazzesco.
Emy i soldi non li vinse per aver bruciato la sua cartuccia prima del via, ma fu eletta reginetta della serata e tornò a casa soddisfatta come poche volte nella vita.

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